In El Salvador il ricordo di Beatriz e la storia abbastanza a lieto fine di Katia
Il 18 ottobre di cinque anni fa, in El Salvador, moriva Beatriz (1).
“Ciò che desidero è che ad altre donne non accada quello che è successo a me”: sono le parole di Beatriz che ha ricordato Morena Herrera, presidentessa della Agrupación Ciudadana por la despenalización del aborto e integrante de La Colectiva Feminista para el Desarrollo Local, durante la veglia organizzata il 18 ottobre a San Salvador, nella Plaza de la Salud, dove una targa ricorda la lotta di Beatriz.
La ragazza aveva richiesto l’interruzione della gravidanza che metteva a rischio la sua vita, ma lo Stato salvadoregno aveva respinto la sua richiesta.
La veglia si è praticamente sovrapposta con la Giornata Internazionale delle bambine e delle ragazze, stabilita dalle Nazioni Unite nel 2011 per l’11 ottobre.
Foto archivio Revista La Brújula
Per questo lo slogan principale della giornata è stato “Por Beatriz, Niñas no madres” (Per Beatrice, bambine, non madri): perché Beatrice si è trasformata in un modello, una ispirazione nella lotta quotidiana delle organizzazioni femministe salvadoregne a favore dei diritti dell’infanzia e contro le gravidanze precoci.
Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Observatorio de Derechos Sexuales y Derechos Reproductivos di ORMUSA, nell’anno 2021 si sono registrate 13 mila gravidanze da parte di bambine e adolescenti tra i 9 e i 19 anni, di cui il 69% vive nella zona rurale del paese.
“Chi ricerca e castiga i violatori sessuali delle bambine? Chi penalizza i responsabili di gravidanze imposte a bambine minorenni? Dov’è la protezione reale dell’infanzia salvadoregna nei primi anni della suo sviluppo?” (2)
Sono le domande che si sono poste le donne, giovani, meno giovani, adolescenti, artiste, che hanno ancora una volta espresso ammirazione per Beatrice e si sono proposte di continuare la lotta femminista.
“Siamo sicure che presto l’aborto sarà un diritto (anche in El Salvador) e che i diritti sessuali e riproduttivi saranno accessibile per tutte”, ha commentato Katherine Lino, rappresentante di Proyecto Poder (3)
Intanto una bella notizia: il caso di Katia è stato archiviato(4) dal giudice istruttore di Ahuachapán.
Era il 2019: Katia aveva 22 anni, un figlio di due anno quando si trovò ad affrontare un parto extra ospedaliero: la famiglia la portò in ospedale per ricevere assistenza medica, ma in base alla legge restrittiva sull’aborto ancora vigente in El Salvador, fu denunciata e la bimba appena nata morì.
Nel 2020, la Fiscalía General de la República (FGR) la accusò di omicidio aggravato e chiese 30 anni di carcere. Katia ottenne una prima archiviazione per mancanza di prove; la FGR non si arrese e cercò di portarla nuovamente in giudizio, ma finalmente ad ottobre di quest’anno ecco la chiusura definitiva del caso.
“Siamo molto soddisfatte, perché abbiamo ottenuto che un’altra donna recuperasse la propria libertà. Una volta di più siamo riuscite a combattere e sconfiggere gli atteggiamenti criminalizzanti nei confronti delle donne” ha commentato Morena Herrera.
La libertà di Katia si somma a quella delle altre 65 donne che hanno recuperato la propria libertà dopo essere state accusate di delitto aggravato e non essere state accudite sul piano sanitario. (5)
Che la lotta instancabile della Agrupación Ciudadana por la despenalización del aborto e di tutte le altre donne cancelli definitivamente l’obbrobrio di una legge punitiva, patriarcale e discriminatoria.
Maria Teresa Messidoro,
Vicepresidentessa Associazione Lisangà culture in movimento OdV
1. Centro America – Aborto: Sheyla, Maria, Imelda e …, Maria Teresa Messidoro, La Bottega del Barbieri, 9 febbraio 2022, https://www.labottegadelbarbieri.org/centroamerica-aborto-sheyla-maria-imelda-e/
4. Katia è uno pseudonimo utilizzato per proteggerne l’identità
5. https://agrupacionciudadana.org/katia-recupero-su-libertad-tras-enfrentar-un-parto-extrahospitalario-y-ser-criminalizada-injustamente-por-la-fgr/
Comments