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  • Maria Teresa Messidoro

El Salvador: ricordando Roque, poeta irriverente

La vita vince la morte? Roque Dalton muore il 10 maggio 1975 ma nasce il 14 maggio 1935. Eppure, quando si parla del poeta e scrittore salvadoregno, l’enfasi cade sulla sua morte anzichè sulla sua vita, sulla produzione letteraria, contributo alla lotta di liberazione condotta dal suo popolo.


La proprietà privata, in realtà,

più che proprietà privata

è proprietà privatrice. (1)

La “storia di Roque” è la storia della sua morte, un caso poliziesco degno dei migliori romanzi gialli, mai risolto definitivamente, segnato da una vasta gamma di versioni differenti sugli eventi fondamentali che l’hanno determinata.


Chi era Roque Dalton?


Un militante rivoluzionario fin da quando era molto giovane, come testimonia una foto d’archivio in cui lo si vede sfilare vestito da donna in una protesta universitaria irriverente quanto coraggiosa, contro l’allora governo militare di José Maria Lemus.




Nel 1957 viaggia fino a Mosca come rappresentante salvadoregno nel Festival de la Juventud; studia giurisprudenza e antropologia nelle Università di El Salvador, Cile e Messico. Nel 1969 vince il Premio Casa de las Américas. Per le sue idee politiche è incarcerato molte volte e condannato all’esilio; visse e lavorò in Guatemala, Messico e Cecoslovacchia, con la moglie ed i tre figli. Si stabilì poi a Cuba, lavorando nella Radio Habana. Viaggiò e conobbe Cina, Vietnam ed altri paesi europei.


Alla fine del 1973 decise di ritornare in El Salvador, sotto il falso nome di Julio Dreyfus Marín, per entrare a far parte della nascente organizzazione guerrigliera clandestina Ejército Revolucionario del Pueblo (ERP), una delle cinque organizzazioni che daranno vita il 10 ottobre 1980 al FMLN, il Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional.


Anche nella lotta sociale i grandi fiumi

Nascono da piccoli sorgenti d’acqua

Camminano tanto e crescono

Fino ad arrivare al mare

Ma Roque non vedrà la nascita del FMLN, perché, per dissidi e differenze politiche con la dirigenza dell’ERP, sarà assassinato il 10 maggio 1975, accusato ingiustamente di essere una spia e un traditore.


In seguito al suo assassinio, alcuni membri dell’ERP lasceranno per protesta l’organizzazione, per fondare la Resistencia Nacional, RN, anch’essa successivamente aderente al FMLN.

Il suo cadavere non è mai stato restituito alla famiglia, come ostinatamente chiesto dalla madre, María Garcia Medrano, fino all’ultimo giorno della sua esistenza (morì nel 1987) né è mai stato iniziato un processo per condannare i colpevoli, come richiesto ancora l’anno scorso da intellettuali ed artisti salvadoregni, firmando l’appello lanciato dalla Fundación Roque Dalton, insieme alla associazione Victimas Denandantes (VIDAS) e la Asociación Excombatientes por la Democracia (AED) in cui si chiamano con nome e cognome gli assassini intellettuali e materiali: Joaquín Villalobos Huezo y Jorge Antonio Meléndez López. (3)


Anch’io sto cedendo alla tentazione di parlare soltanto o soprattutto del suo assassinio. Invece Roque Dalton è altro, come bene avevano espresso alcuni giovani intervistati per un numero speciale della rivista Transmallo del MUPI: Roque è tutt’uno con il suo paese, El Salvador, Roque è un uomo innamorato, Roque è la Storia, Roque è anche l’ordinario, Roque è prima di tutto il mito che respiriamo.


E allora, mi rileggo per la millesima volta il testo del suo Poema de Amor, scritto per i suoi fratelli e compagni salvadoregni:


“Quelli che ampliarono il Canale di Panama,

…..

Quelli che marcirono nelle galere del Guatemala,

Messico, Honduras, Nicaragua,

perché ladri, contrabbandieri, truffatori,

affamati,

quelli sospettati sempre di tutto,

…..

Quelli che nessuno sa mai dove sono,

i migliori artigiani del mondo,

quelli che vennero imbottiti di piombo attraversando la frontiera,

quelli che morirono di malaria

nell’inferno dei bananeti,

quelli che piangono ubriachi per l’inno nazionale

sotto il ciclone del Pacifico o la neve del nord,

I guanacos figli di puttana,

quelli che a stento riuscirono a tornare,

quelli che ebbero un po’ di fortuna in più,

gli eterni irregolari,

i faccio di tutto, i vendo di tutto, i mangio di tutto,

i primi a prendere il coltello,

i tristi più tristi del mondo,

i miei compatrioti,

i miei fratelli.” (4)

Ma, come avrebbe detto Roque

Con buone maniere, fratello,

con un gesto propizio alla malinconia


Versos Heridos di Enrique Palencia (5).



Note:

  1. Le poesie di Dalton sono tratte dal libro Il cielo per cappello, Roque Dalton, a cura di Emanuela Jossa e Irene Campagna, Multimedia Edizioni, 2011, libro già citato in Bottega un anno fa https://www.labottegadelbarbieri.org/roque-dalton-poeta-comunista-rivoluzionario/

  2. Tratto da Roque Dalton, Trasmallo n.8 2005, Museo de la Palabra y la Imagen, MUPI, San Salvador

  3. Questa poesia può anche essere ascoltata https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=44442




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