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Maria Teresa Messidoro

Messico: il rischio di informare, soprattutto se si è donna

L’assassinio della cronista Lourdes Maldonado, il 23 gennaio a Tijuana, alla frontiera con gli Usa, dimostra una volta ancora l’incapacità dello Stato di proteggere sia i giornalisti che i difensori dei Diritti Umani.



Una petizione, apparsa su change.org dopo l’assassinio, raccogliendo immediatamente più di 50 mila firme, ha ricordato che Lourdes, pochi giorni prima di essere uccisa, aveva informato il Mecanismo Federal de protección para Personas Defensoras de Derechos Humanos y Periodistas di temere per la propria vita.


Lourdes, nel 2019, partecipando ad una conferenza stampa indetta dal presidente messicano Obrador, gli aveva chiesto appoggio per una sua vertenza sindacale contro una impresa giornalistica, di proprietà dell’ex governatore dello stato di Baja California, il morenista Jaime Bonilla Valdez (MORENA è il partito del presidente). Lo scorso 19 gennaio, Lourdes aveva comunicato ufficialmente di aver vinto il giudizio.


Dal 2021 era dentro un programma di protezione, però nell’ultimo periodo la vigilanza su di lei era diventata via via più sporadica.


Lo stesso Obrador, subito dopo l’assassinio, si è espresso contro il crimine avvenuto, sottolineando però che non è ancora possibile stabilire un legame diretto tra la causa inscenata dalla giornalista Lourdes Maldonado e la sua morte.


Resta il fatto che, come denunciano alcune organizzazioni internazionali come Reporteros Sin Fronteras, il Comité de Protección a Periodistas e Artículo 19, da quando è in carica Andrés Manuel López Obrador, cioè il 2018, sono già stati assassinati 28 comunicatori; inoltre, nel mese di gennaio di quest’anno, Lourdes è purtroppo la terza della lista, dopo l’assassinio di José Luis Gamboa, avvenuto il 10 gennaio a Veracruz e quello di Margarito Martínez Esquivel il 17 gennaio, sempre a Tijuana.



Inoltre, dal 2000 ad oggi, si sono registrati nel paese 148 assassini di giornalisti, ponendo il Messico tra i paesi più pericolosi al mondo per questa professione: più precisamente negli ultimi 3 anni, 31 giornalisti ammazzati, di cui 3 donne, Norma Sarabia, Maria Elena Ferral ed ora Lourdes Maldonado. Inoltre, secondo la Redes de Periodistas y Libertad de Expresión de Comunicación y información de la Mujer A C (CIMAC) ogni 38 ore una giornalista o comunicatrice è soggetta in Messico a qualche forma di violenza, proprio a causa del proprio lavoro di informazione.


“In un paese femminicida come il Messico, dove si ammazzano 11 donne al giorno, il recente assassinio di una donna giornalista deve interpellarci tuttə e mortificarci per quella rottura del tessuto sociale a cui stiamo assistendo nel paese” dichiara la CIMAC in un suo comunicato. (1)

Per questo, il 25 gennaio si sono svolte manifestazioni di denuncia in più di una quarantina città messicane, dalla capitale a Tijuana, da Guadalajara a Morelos, da Acapulco a Chihuahua, tutte con gli stessi slogan: “Non si ammazza la verità ammazzando un giornalista”, “Giornalismo a rischio”, “Né silenzio né oblio”. (2)


Ma non c’è tempo per respirare o allentare l’attenzione: il 3 febbraio, l’attivista nel campo dei Diritti Umani, Verónica Patricia Guerrero, dirigente del Colectivo de Vecinos Urbi Quinta, è stata assassinata per le strade di Tomalá, nello stato di Jalisco.



Una morte annunciata, visto che il suo collettivo aveva già ricevuto minacce, intimidazioni ed aggressioni durante e dopo alcune delle manifestazioni pubbliche organizzate nella città dalla stessa organizzazione.


Verónica, attivista e avvocata, insieme ad alcuni suoi concittadinə, lavorava contro le irregolarità nella gestione della discarica di Coyula, nell’aera metropolitana di Guadalajara, da parte della ditta Caasa Eagle, contrattata dallo stato.


Lourdes Maldonado, Norma Sarabia, Maria Elena Ferral, Verónica Patricia Guerrero, così come Ana Luisa Garduño, ammazzata a Temixco, nello stato di Morelos, dopo aver denunciato l’incapacità dello stato di fare giustizia a proposito del femminicidio perpetrato contro sua figlia, Ana Karen, nel 2012 (3): non dobbiamo dimenticarle, perché il Messico sia finalmente un Paese per donne, giornalistə e difensorə dei Diritti Umani.


Note:



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